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lunedì 15 giugno 2020

Gli antichi mestieri: il carbonaio

dal bollettino delle Parrocchie Unite del Territorio di Casale Corte Cerro - 14 giugno 2020


Dopo un periodo di sospensione mi è ritornato il desiderio di continuare la rassegna dei vecchi mestieri, quelli che ci parlano degli anni passati dei nostri nonni, mestieri fatti di fatiche, sudore e tanta stanchezza, ormai quasi scomparsi perché superati dalla tecnologia e dalla robotizzazione che hanno reso la vita di oggi comoda e meno faticosa. Però mi sembra giusto non perdere la memoria di questo passato perché i giovani tendono a ritenere che lavatrici, lavastoviglie, motoseghe, gas ed energia elettrica siano sempre esistiti e me ne rendo conto quanto i miei figli rimangono stupiti e disorientati parlando loro del bucato di mia nonna fatto con la cenere e del pranzo preparato col fuoco a carbonella o del lavoro faticoso di mio padre nelle cave di marmo.
Continuiamo quindi la nostra rassegna con un mestiere ormai quasi scomparso: IL CARBONAIO.
Chi faceva il carbonaio un tempo, lo faceva per mestiere vero e proprio, non solo per aggiungere un po’ di reddito in casa. Infatti questo mestiere lo si sceglieva più per necessità economica che per tradizione familiare o per piacere. Lavoro duro, tutto manuale, aiutato solo dalla forza di trasporto dei muli; solo negli anni 50, si assiste ad un sospiro di sollievo, con l’avvento dei trattori, che alleggeriscono un po' le fatiche. Il lavoro consisteva nel taglio di legname per la produzione di carbonella che veniva usata nelle case per cuocere i cibi. Il taglio del bosco avveniva tutto manualmente, con l’accetta, la legna veniva trasportata a dorso d’asino o con il “cavallo” una sorta di cavalletto portato a spalla, che poteva contenere tra i 40 e i 50 chili di legna. Questa era poi sistemata in una piazzola, posizionata in una parte comoda del bosco e abbastanza pianeggiante, veniva così sistemato il “cottino” la catasta di legna a forma di cupola che andava poi ricoperta di terra e, così, bruciata in assenza di ossigeno.
Per fare questo tipo di carbone tradizionale, la tecnica era sempre la stessa, venivano usati le essenza più pregiate del bosco come il cerro, il faggio, il carpine e il leccio, un po' per la loro resistenza e durata, un po' anche per il loro aroma particolarmente adatto alle cotture, inoltre mantengono meglio il calore durante la cottura dei cibi. Almeno quattro o cinque persone per volta lavoravano nel taglio
del bosco, nella preparazione della piazza e in quella del cottino.
Così, l’esperienza tramandata da generazioni, ha fatto si che questi carbonai fossero ricercati anche fuori dai comuni di residenza e l’attività portava un po’ di vantaggio economico nelle tasche.
Oreste Angeloni, uno degli ultimi carbonai che restano racconta la sua storia dicendo di fare questo lavoro da quando aveva 17 anni, perchè fin da piccolo guardava e aiutava il" babbo" e i vecchi della
zona, così anche lui ha imparato quest'arte delicata ed all'epoca molto richiesta. Per guadagnare, lui originario del veneto si ritrova a lavorare come carbonaio già all’età di venti anni in maremma, nel periodo invernale e in primavera in Abruzzo, “le condizioni di lavoro erano pesanti e la sera si andava a letto stanchi. La baracca dove si dormiva era fatta di legno, ricoperta di carta vetrata, mentre il letto era di legni e frasche, in mezzo ai letti, il fuoco per scaldarsi, mangiando polenta e fagioli con il lardo”. Sono ricordi di una vita dura, eppure Oreste non si è scoraggiato e ha continuato negli anni a fare ed essere un carbonaio, ancora oggi lo continua, tra i boschi e le macchie di casa sua, un po’ per piacere, un po’ per non dimenticare. Infatti, tra i lavori della campagna, continua a produrre il carbone e “oggi non se ne fa più un grande uso. Così, ne faccio poco, il necessario per me e la mia famiglia e qualche cosa da vendere un po’ in giro, ma poca cosa”, afferma Oreste "Il carbone fatto in modo tradizionale non si cerca più. È più veloce acquistare quello nei sacchetti già confezionato. Oggi si fa solo una produzione all’anno, all’incirca tre o quattro quintali”. Oreste conserva ancora i vecchi strumenti, quelli con i quali continua il lavoro. Prepara la piazza, con i passi misura il raggio e con un legno disegna il cerchio della carbonaia. “dieci passi è una bella carbonarola…”. Dopo di che compone la legna, con maestria e pazienza, una cupola, con un foro in cima, il tutto viene ricoperto di terra, gettato il fuoco e ricoperto il foro con una lastra, in modo che tutto bruci senza ossigeno. Oreste racconta che è molto bello vedere come brucia la carbonaia, il fumo infatti esce partendo dal basso per arrivare in cima, a questo punto si rimbocca e si arde nuovamente, questa volta il fumo va nel senso opposto, fino a tornare in fondo. È un lavoro lungo e complicato che può anche durare alcuni giorni.
Ma ormai il tempo ha fatto il suo corso ed anche il vecchio mestiere del carbonaio sta ormai scomparendo dai boschi. Gli anziani stanno mollando e di questo antico mestiere tra poco non ci sarà più nessuno a tramandarlo.
                                                                       senza firma

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