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domenica 14 febbraio 2016

Getzemani. Che fare?

Getsemani. Un luogo che periodicamente riappare all’attenzione dei casalesi, che di solito non ne ricordano neppure l’esistenza. Succede, in genere un paio di volte all’anno, quando qualche giornalista riprende in mano l’argomento, di solito chiedendo informazioni al Sindaco, al Parroco o al sottoscritto, in veste di abituale cronista dei fatterelli di paese e quindi persona presumibilmente ‘informata sui fatti’. L’ultima di tali uscite, alcune settimane or sono, ha suscitato l’ormai consueta ondata di commenti attraverso i social network, commenti che puntano più o meno tutti a una medesima conclusione: “Tutto va in rovina e nessuno fa nulla. Ma le istituzioni dove sono?”
Che il complesso del Getsemani sia ormai abbandonato a se stesso e alle ‘attenzioni’di vandali e ladri d’ogni genere è fatto ampiamente noto e da tempo sotto gli occhi di chiunque. La preoccupazione e l’indignazione dei cittadini sono quindi ampiamente giustificate, ma è altrettanto evidente che, da sole, finiranno per rimanere, ancora una volta, fondamentalmente sterili.
Che fare, quindi?
Quando la struttura cessò di essere utilizzata, a metà degli anni ’90, il proprietario – la fondazione Opera Pia Colleoni De Maestris di Castano Primo – predispose un ambizioso progetto che ne prevedeva la trasformazione in casa di riposo per persone anziane. Sulla base di tale idea le amministrazioni comunali che si sono succedute, con i sindaci Maggiola e Pizzi, provvidero alle necessarie variazioni agli strumenti urbanistici, alla stipula di una convenzione che garantisse l’uso da parte della comunità casalese del parco e della parte monumentale del complesso (Chiesa e cripta, fondamentalmente) e alla pur sofferta autorizzazione per la realizzazione della strada di accesso, la cui costruzione iniziò, ma si fermò al tracciato di base, mentre non presero mai avvio le opere di ristrutturazione dell’edificio. Per quale motivo? Fondamentalmente una errata valutazione dei costi e delle possibili fonti di finanziamento; e la successiva crisi economica non ha fatto altro che aggravare tale situazione.
Proprietà e Comune, a volte con l’intervento della Parrocchia e di molti altri enti, hanno successivamente elaborato diverse ipotesi d’intervento. Si sono presi contatti con chi avrebbe voluto realizzare una clinica specialistica, un centro di recupero per infortunati, un luogo di ritiro e allenamento per formazioni sportive professionistiche. Un’idea che poteva rivelarsi vincente era quelle di acquisizione da parte della Regione Piemonte per l’istituzione di un centro studi sull’ambiente e l’economia di montagna, con l’inserimento del luogo nel sistema dei parchi regionali dei Sacri Monti. E’ di pochi mesi or sono l’idea lanciata da Ecomuseo Cusius per la realizzazione di un punto d’ospitalità dedicato ai turisti che percorrono le ‘vie storiche’, una delle quali è in fase di progetto proprio nella zona Ossola Cusio Novarese, finanziata attraverso uno dei bandi Interreg che attingono a fondi messi a disposizione congiuntamente dalla Confederazione Elvetica e dall’Unione Europea per i territori di confine.
Tutte buone idee, andate però a morire contro lo scoglio invalicabile dell’alto costo – si parla di diversi milioni di euro – di acquisizione del complesso, per non parlare poi di quanto necessario ai diversi lavori da eseguire.
E allora?
Allora si potrebbe forse ripartire dai proprietari, convincendoli innanzitutto a mettere a disposizione il complesso a costo zero, a titolo di prestito d’uso, ad esempio, a fronte di opportune garanzie. Accanto a ciò serve una buona idea, che riesca a coniugare le esigenze di difesa dell’ambiente naturale e della parte storica e monumentale con uno sviluppo sostenibile a favore soprattutto della comunità casalese. E infine ci vogliono i soldi! Visto che è ormai dimostrato come un unico investitore sia praticamente impossibile da trovare – a meno di rivolgersi alla criminalità organizzata… - perché non tentare la strada del finanziamento diffuso con un’azione di crowdfunding attraverso la rete web? Pare che altri stiano ottenendo in questo modo risultati notevoli, in alcuni casi decisamente insperati.
Ma quello che veramente manca, al momento, è la risorsa umana. Mancano persone che in un simile progetto credano veramente, che siano disposte ad impegnarcisi a fondo, senza risparmiare tempo ed energie. Abbiamo tanti giovani preparati, diplomati, laureati e in cerca di occupazione: perché non costituire una società - o una cooperativa, o una onlus? Per fare che? Personalmente continuo a ‘sognare’ un centro di studio sull’ambiente della montagna e sul suo sviluppo sociale ed economico, un incubatore di idee e di progetti che attiri risorse – umane ed economiche – e offra opportunità di lavoro, una moderna fab lab che potrebbe agire nel campo culturale, ma anche in quello delle tecnologie avanzate, un forte polo di attrazione per persone ‘nuove’, che non abbiano paura del futuro…
Qualcuno ha voglia di provarci?
massimo m. bonini – barbä bonìn


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