Getsemani. Un luogo che
periodicamente riappare all’attenzione dei casale si,
che di solito non ne ricordano neppure l’esistenza. Succede, in genere un paio
di volte all’anno, quando qualche giornalista riprende in mano l’argomento, di
solito chiedendo informazioni al Sindaco, al Parroco o al sottoscritto, in
veste di abituale cronista dei fatterelli di paese e quindi persona
presumibilmente ‘informata sui fatti’. L’ultima di tali uscite, alcune settimane
or sono, ha suscitato l’ormai consueta ondata di commenti attraverso i social
network, commenti che puntano più o meno tutti a una medesima conclusione:
“Tutto va in rovina e nessuno fa nulla. Ma le istituzioni dove sono?”
Che il complesso del
Getsemani sia ormai abbandonato a se stesso e alle ‘attenzioni’di vandali e
ladri d’ogni genere è fatto ampiamente noto e da tempo sotto gli occhi di
chiunque. La preoccupazione e l’indignazione dei cittadini sono quindi
ampiamente giustificate, ma è altrettanto evidente che, da sole, finiranno per
rimanere, ancora una volta, fondamentalmente sterili.
Che fare, quindi?
Quando la struttura cessò di
essere utilizzata, a metà degli anni ’90, il proprietario – la fondazione Opera Pia
Colleoni De Maestris di Castano Primo – predispose un ambizioso progetto che ne
prevedeva la trasformazione in casa di riposo per persone anziane. Sulla base
di tale idea le amministrazioni comunali che si sono succedute, con i sindaci
Maggiola e Pizzi, provvidero alle necessarie variazioni agli strumenti
urbanistici, alla stipula di una convenzione che garantisse l’uso da parte
della comunità casale se del parco e
della parte monumentale del complesso (Chiesa e cripta, fondamentalmente) e alla
pur sofferta autorizzazione per la realizzazione della strada di accesso, la
cui costruzione iniziò, ma si fermò al tracciato di base, mentre non presero
mai avvio le opere di ristrutturazione dell’edificio. Per quale motivo?
Fondamentalmente una errata valutazione dei costi e delle possibili fonti di
finanziamento; e la successiva crisi economica non ha fatto altro che aggravare
tale situazione.
Proprietà e Comune, a volte
con l’intervento della Parrocchia e di molti altri enti, hanno successivamente
elaborato diverse ipotesi d’intervento. Si sono presi contatti con chi avrebbe
voluto realizzare una clinica specialistica, un centro di recupero per
infortunati, un luogo di ritiro e allenamento per formazioni sportive
professionistiche. Un’idea che poteva rivelarsi vincente era quelle di
acquisizione da parte della Regione Piemonte per l’istituzione di un centro
studi sull’ambiente e l’economia di montagna, con l’inserimento del luogo nel
sistema dei parchi regionali dei Sacri Monti. E’ di pochi mesi or sono l’idea
lanciata da Ecomuseo Cusius per la realizzazione di un punto
d’ospitalità dedicato ai turisti che percorrono le ‘vie storiche’, una delle
quali è in fase di progetto proprio nella zona Ossola Cusio Novarese,
finanziata attraverso uno dei bandi Interreg che attingono a fondi messi a
disposizione congiuntamente dalla Confederazione Elvetica e dall’Unione Europea
per i territori di confine.
Tutte buone idee, andate però
a morire contro lo scoglio invalicabile dell’alto costo – si parla di diversi
milioni di euro – di acquisizione del complesso, per non parlare poi di quanto
necessario ai diversi lavori da eseguire.
E allora?
Allora si potrebbe forse
ripartire dai proprietari, convincendoli innanzitutto a mettere a disposizione
il complesso a costo zero, a titolo di prestito d’uso, ad esempio, a fronte di
opportune garanzie. Accanto a ciò serve una buona idea, che riesca a coniugare
le esigenze di difesa dell’ambiente naturale e della parte storica e
monumentale con uno sviluppo sostenibile a favore soprattutto della comunità casale se. E infine ci vogliono i soldi! Visto che è
ormai dimostrato come un unico investitore sia praticamente impossibile da
trovare – a meno di rivolgersi alla criminalità organizzata… - perché non
tentare la strada del finanziamento diffuso con un’azione di crowdfunding
attraverso la rete web? Pare che altri stiano ottenendo in questo modo
risultati notevoli, in alcuni casi decisamente insperati.
Ma quello che veramente
manca, al momento, è la risorsa umana. Mancano persone che in un simile
progetto credano veramente, che siano disposte ad impegnarcisi a fondo, senza
risparmiare tempo ed energie. Abbiamo tanti giovani preparati, diplomati,
laureati e in cerca di occupazione: perché non costituire una società - o una
cooperativa, o una onlus? Per fare che? Personalmente continuo a ‘sognare’ un
centro di studio sull’ambiente della montagna e sul suo sviluppo sociale ed
economico, un incubatore di idee e di progetti che attiri risorse – umane ed
economiche – e offra opportunità di lavoro, una moderna fab lab che potrebbe agire nel campo culturale, ma anche in quello
delle tecnologie avanzate, un forte polo di attrazione per persone ‘nuove’, che
non abbiano paura del futuro…
Qualcuno ha voglia di
provarci?
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