dal Bollettino Parrocchiale di Ramate n. 3, 16/01/2011
IL LAVORO - industria e artigianato
Lo sviluppo industriale ed artigianale di Ramate è parallelo all'andamento demografico della frazione, in costante crescita, anche se è doveroso ricordare che gli opifici sono sorti presso il torrente Strona, quindi in particolare nelle località Gabbio e S. Anna, dapprima poco popolate e poi protagoniste di quello sviluppo di attività che le hanno arricchite di famiglie, negozi fabbriche e fabbrichette.
Agli inizi dell'Ottocento, due secoli fa, Ramate, senza la ferrovia, era un agglomerato che si distendeva a macchia di leopardo dallo Strona ai boschi per Casale: prati, campi, stalle, un borgo contadino, con qualche artigiano dedito alla produzione di attrezzature indispensabili all'agricoltura ed alla vita quotidiana, piccoli mulini, fucine, falegnamerie, ecc.
L'avvio delle attività industriali è certamente legato al torrente Strona, per la disponibilità di forza motrice che invitava anche forestieri e stranieri ad investire capitali, come avveniva del resto in tutta l'Italia settentrionale. L'acqua con la sua impetuosità consentiva di lavorare con meno fatica a tornitori, fabbri, operai ed artigiani e permetteva di muovere una serie di mulini, da intendersi non solo come macine per i mugnai, come pensiamo abitualmente, ma anche per una serie di altri lavoratori, in particolare tornitori.
Le notizie che ho raccolto sono desunte dal già più volte ricordato volume "I luoghi del lavoro nella valle dello Strona" di Valeria Garuzzo e da vecchi strumenti notarili, ricchi di notizie su beni, personaggi, avvenimenti locali.
Lungo il torrente, tra Omegna, Crusinallo, Gabbio e Gravellona, sorsero pian piano semplici laboratori artigianali, ma anche importanti insediamenti industriali.
Partiamo da lontano. Dal Catasto descrittivo del 1676 è segnalato a Ramate, intermediante la Roggia di Mezzo, situato in prossimità dello Strona, il "molino al Boscetto", che cosa producesse non so. A Pramore il "molino alla Strona", probabilmente a ruota orizzontale, forse per la trasformazione dei prodotti agricoli.
Al Catasto di Maria Teresa d'Austria del 1723 è segnato presso lo Strona lo stesso mulino al Boscetto, oltre ad un molino distrutto. Nel successivo Catasto Rabbini del 1858 troviamo al Gabbio, alla
confluenza del rio Vallessa (il rio di Mezzo?) una cartiera ed il mulino Lach, oltre ad un mulino e macina di corteccia di rovere verso S. Anna. Tutti questi opifici fruivano delle acque della roggia derivante da quelle che partivano dal Molinetto, che qui si chiamava roggia del mulino di Ramate. Infine, successivamente, vengono descritti anche una torneria in legno "Fratelli Nolli" e uno Stabilimento per la lavorazione della pietra " dell'Ing, Gianoli (a S. Anna e Gianoli).
Occorre fermarsi nella descrizione dei siti e dei personaggi, che sarà ripresa, per fare alcune considerazioni. E' evidente che l'agricoltura, l'utensileria di casa, ecc. richiedevano manufatti opera di piccoli artigiani, che erano quasi tutti residenti del luogo. Il mulino Boscetto, presumibilmente per la macinazione di cereali e magari come torchio,o funzionava temporaneamente, dati i periodi di siccità dei rii, o più probabilmente sfruttava già le acque dello Strona. In secondo luogo si nota che le successive installazioni sono opera di forestieri, Ing. Gianoli, Lach e Stheclin ed altri ancora, che disponevano di capitali. Gli unici locali ricordati sono i Fratelli Nolli, importante famiglia di Pramore che aveva dato l'unico caduto casalese delle guerre d'Indipendenza.
Un accenno al mulino Lach; la mugnaia Maria Stheclin ed il marito
Luigi Lach, miei trisavoli da parte paterna, giunsero al Gabbio dalla Svizzera tedesca ed acquistarono il mulino vecchio di Ramate, ne costruirono uno nuovo e vendettero il vecchio, che passò ad altri proprietari fino al 1863, quando giunsero i Furter.
Il mulino Lach, ristrutturato, è diventato nel 1928 casa operaia,
l'attuale "Palazzi" di proprietà comunale.
(segue)
ITALO
IL LAVORO - industria e artigianato
Lo sviluppo industriale ed artigianale di Ramate è parallelo all'andamento demografico della frazione, in costante crescita, anche se è doveroso ricordare che gli opifici sono sorti presso il torrente Strona, quindi in particolare nelle località Gabbio e S. Anna, dapprima poco popolate e poi protagoniste di quello sviluppo di attività che le hanno arricchite di famiglie, negozi fabbriche e fabbrichette.
Agli inizi dell'Ottocento, due secoli fa, Ramate, senza la ferrovia, era un agglomerato che si distendeva a macchia di leopardo dallo Strona ai boschi per Casale: prati, campi, stalle, un borgo contadino, con qualche artigiano dedito alla produzione di attrezzature indispensabili all'agricoltura ed alla vita quotidiana, piccoli mulini, fucine, falegnamerie, ecc.
L'avvio delle attività industriali è certamente legato al torrente Strona, per la disponibilità di forza motrice che invitava anche forestieri e stranieri ad investire capitali, come avveniva del resto in tutta l'Italia settentrionale. L'acqua con la sua impetuosità consentiva di lavorare con meno fatica a tornitori, fabbri, operai ed artigiani e permetteva di muovere una serie di mulini, da intendersi non solo come macine per i mugnai, come pensiamo abitualmente, ma anche per una serie di altri lavoratori, in particolare tornitori.
Le notizie che ho raccolto sono desunte dal già più volte ricordato volume "I luoghi del lavoro nella valle dello Strona" di Valeria Garuzzo e da vecchi strumenti notarili, ricchi di notizie su beni, personaggi, avvenimenti locali.
Lungo il torrente, tra Omegna, Crusinallo, Gabbio e Gravellona, sorsero pian piano semplici laboratori artigianali, ma anche importanti insediamenti industriali.
Partiamo da lontano. Dal Catasto descrittivo del 1676 è segnalato a Ramate, intermediante la Roggia di Mezzo, situato in prossimità dello Strona, il "molino al Boscetto", che cosa producesse non so. A Pramore il "molino alla Strona", probabilmente a ruota orizzontale, forse per la trasformazione dei prodotti agricoli.
Al Catasto di Maria Teresa d'Austria del 1723 è segnato presso lo Strona lo stesso mulino al Boscetto, oltre ad un molino distrutto. Nel successivo Catasto Rabbini del 1858 troviamo al Gabbio, alla
confluenza del rio Vallessa (il rio di Mezzo?) una cartiera ed il mulino Lach, oltre ad un mulino e macina di corteccia di rovere verso S. Anna. Tutti questi opifici fruivano delle acque della roggia derivante da quelle che partivano dal Molinetto, che qui si chiamava roggia del mulino di Ramate. Infine, successivamente, vengono descritti anche una torneria in legno "Fratelli Nolli" e uno Stabilimento per la lavorazione della pietra " dell'Ing, Gianoli (a S. Anna e Gianoli).
Occorre fermarsi nella descrizione dei siti e dei personaggi, che sarà ripresa, per fare alcune considerazioni. E' evidente che l'agricoltura, l'utensileria di casa, ecc. richiedevano manufatti opera di piccoli artigiani, che erano quasi tutti residenti del luogo. Il mulino Boscetto, presumibilmente per la macinazione di cereali e magari come torchio,o funzionava temporaneamente, dati i periodi di siccità dei rii, o più probabilmente sfruttava già le acque dello Strona. In secondo luogo si nota che le successive installazioni sono opera di forestieri, Ing. Gianoli, Lach e Stheclin ed altri ancora, che disponevano di capitali. Gli unici locali ricordati sono i Fratelli Nolli, importante famiglia di Pramore che aveva dato l'unico caduto casalese delle guerre d'Indipendenza.
Un accenno al mulino Lach; la mugnaia Maria Stheclin ed il marito
Luigi Lach, miei trisavoli da parte paterna, giunsero al Gabbio dalla Svizzera tedesca ed acquistarono il mulino vecchio di Ramate, ne costruirono uno nuovo e vendettero il vecchio, che passò ad altri proprietari fino al 1863, quando giunsero i Furter.
Il mulino Lach, ristrutturato, è diventato nel 1928 casa operaia,
l'attuale "Palazzi" di proprietà comunale.
(segue)
ITALO
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