Domenica 21 giugno, ore 6 e 45 minuti. Il sole entrerà nella ‘casa’ del Cancro e segnerà il solstizio, il momento in cui la durata delle luce sarà massima rispetto a quella del buio.
Per gli antichi abitanti delle nostre terre – cacciatori, allevatori, agricoltori – il ciclo delle stagioni, l’alternarsi del buio e della luce, le fasi lunari costituivano elementi fondamentali della quotidianità, segnali naturali dei ritmi di vita e di lavoro, ognuno legato a una specifica divinità che si manifestava in forma diversa e andava propiziata con riti e sacrifici. Ed ecco le riunioni rituali nei boschi, cattedrali naturali, intorno ai falò che venivano accesi all’inizio del nuovo giorno, momento che per quelle genti avveniva al crepuscolo, tanto da far sì che i riti si tenessero nell’oscurità.
Mezzestate, il solstizio d’estate, rappresentava il momento della massima gioia, l’inizio dei raccolti, il periodo dell’abbondanza di frutti e di luce, in contrasto con l’altro solstizio, quello d’inverno, quando il sole – alle latitudini polari da cui provenivano gli antenati indoeuropei – spariva per giorni sotto la linea dell’orizzonte lasciando il dubbio che sarebbe mai ritornato a fecondare la terra.
Momento di luce e di gioia, dunque; ma per quella dualità che sempre caratterizza le antiche religioni, momento in cui tradizionalmente si scatenano le forze del male. Gli spiriti infernali percorrono cielo e terra, radunano i propri seguaci terreni – streghe e stregoni – e li trascinano in danze sfrenate, i sabba, in mezzo alle quali il signore degli inferi si manifesta in forma di caprone infernale.
La Chiesa cristiana delle origini, non riuscendo a scalzare dall’animo del popolo questo genere di credenze, tentò di rimpiazzarle con i suoi riti e devozioni. In particolare, in prossimità della mezzestate collocò la festa della natività di san Giovanni Battista, il primo dei grandi santi, battezzatore e quindi, per antonomasia, cacciatore di demoni. Dall’unione di queste due culture nasce il mito della notte di san Giovanni, notte di malefici da allontanare con i falò rituali, ma anche notte magica durante la quale raccogliere le erbe medicinali, che solo così acquistano il loro pieno potere.
E se poi volete un rimedio sicuro contro gli spaventi da esseri malvagi, quella notte cogliete 24 noci – ancora acerbe, mallo e tutto quanto – e mettetele a macerare sotto una buona grappa casalinga. All’inizio dell’autunno, se avrete saputo resistere alla tentazione di ripetuti e abbondanti assaggi, vi ritroverete un nocino ‘da far resuscitare i morti’. E se non è magia questa…
Per gli antichi abitanti delle nostre terre – cacciatori, allevatori, agricoltori – il ciclo delle stagioni, l’alternarsi del buio e della luce, le fasi lunari costituivano elementi fondamentali della quotidianità, segnali naturali dei ritmi di vita e di lavoro, ognuno legato a una specifica divinità che si manifestava in forma diversa e andava propiziata con riti e sacrifici. Ed ecco le riunioni rituali nei boschi, cattedrali naturali, intorno ai falò che venivano accesi all’inizio del nuovo giorno, momento che per quelle genti avveniva al crepuscolo, tanto da far sì che i riti si tenessero nell’oscurità.
Mezzestate, il solstizio d’estate, rappresentava il momento della massima gioia, l’inizio dei raccolti, il periodo dell’abbondanza di frutti e di luce, in contrasto con l’altro solstizio, quello d’inverno, quando il sole – alle latitudini polari da cui provenivano gli antenati indoeuropei – spariva per giorni sotto la linea dell’orizzonte lasciando il dubbio che sarebbe mai ritornato a fecondare la terra.
Momento di luce e di gioia, dunque; ma per quella dualità che sempre caratterizza le antiche religioni, momento in cui tradizionalmente si scatenano le forze del male. Gli spiriti infernali percorrono cielo e terra, radunano i propri seguaci terreni – streghe e stregoni – e li trascinano in danze sfrenate, i sabba, in mezzo alle quali il signore degli inferi si manifesta in forma di caprone infernale.
La Chiesa cristiana delle origini, non riuscendo a scalzare dall’animo del popolo questo genere di credenze, tentò di rimpiazzarle con i suoi riti e devozioni. In particolare, in prossimità della mezzestate collocò la festa della natività di san Giovanni Battista, il primo dei grandi santi, battezzatore e quindi, per antonomasia, cacciatore di demoni. Dall’unione di queste due culture nasce il mito della notte di san Giovanni, notte di malefici da allontanare con i falò rituali, ma anche notte magica durante la quale raccogliere le erbe medicinali, che solo così acquistano il loro pieno potere.
E se poi volete un rimedio sicuro contro gli spaventi da esseri malvagi, quella notte cogliete 24 noci – ancora acerbe, mallo e tutto quanto – e mettetele a macerare sotto una buona grappa casalinga. All’inizio dell’autunno, se avrete saputo resistere alla tentazione di ripetuti e abbondanti assaggi, vi ritroverete un nocino ‘da far resuscitare i morti’. E se non è magia questa…
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