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sabato 30 maggio 2009

L'ALBERO DEL PANE

Alzi la mano chi, in giorni autunnali e acquazzoni permettendo, non si è messo per boschi a soddisfare quella particolare voglia del tempo antico che ogni autunno assale persone di tutte le età: castagne!.. Voglia passeggera, per un pomeriggio domenicale all’aria aperta, alternativo al campionato, che si esaurisce in fretta, col fumo e l’aroma delle caldarroste.
Ma un tempo erano un bene prezioso, le castagne, elemento primario, con il latte ed il pane di segale (pän biava) della dieta dei montanari, tanto da essere definite da alcuni “il pane dei poveri”.
L’albero di castagno, importato in Italia settentrionale dalla zona mediterranea in epoca romana, si è ben ambientato nei nostri climi, tanto da sostituirsi alle querce nel ruolo di pianta dominante. Si distinguevano due tipi d’alberi: ël sëlvagh, la pianta nata spontaneamente da seme, tenuta a ceduo con taglio ventennale e utilizzata per la legna da costruzione e da ardere; i fusti, tagliati al piede, cacciavano numerosi polloni (but) che costituivano le caratteristiche ceppaie (sciäpàa). L’arbol era invece innestato (insidì) con buone varietà da frutto e allevato ad alto fusto per periodi lunghissimi, spesso ai margini dei terrazzamenti (ronch) coltivati o tenuti a prato; veniva periodicamente cimato (zoncà) ed assumeva la nota forma con tronco grosso e relativamente basso (zoncä), portante in alto i giovani rami disposti a vaso.
La raccolta delle castagne iniziava poco prima dell’apertura dei ricci, facendoli cadere mediante scuotitura con robuste pertiche (scòva ij risc); erano raccolti con l’ausilio di molle in legno (giovä) e posti in una sacca (bissacä) legata in vita a mo’ di grembiule. Il tutto allo scopo di evitare furti, così come il divieto tassativo di andare a castagne nei fondi privati prima che i proprietari vi avessero eseguito la loro raccolta.
A casa i ricci venivano stesi in un locale asciutto, ël lobbión se esistente, ad essiccare, dopo di che ne venivano estratti i frutti. Era il tipico lavoro serale, eseguito da tutta la famiglia, spesso da più famiglie riunite per l’occasione, e gli ospiti erano compensati con l’offerta di vino, caldarroste (brascäròl), o castagne bollite e inzuppate nel latte (bärgoll e lacc). L’operazione della mondatura, in sé, consisteva nel tenere i ricci fermi tra i piedi ed aprirli con un apposito martelletto di legno (pich); i frutti si stendevano a seccare sui graticci di legno (gràa) sospesi alle travi, mentre i ricci svuotati finivano nella riscèrä, pronti per accenderci la stufa (inviàa ‘l feugh): ottimo esempio di come raccolta differenziata e riciclaggio, termini sconosciuti ai nostri vecchi, fossero però pratica comune.
Il fogliame secco (stram) era raccolto successivamente ed utilizzato per stendere le lettiere nelle stalle.
Le castagne essicate erano gelosamente conservate; per essere consumate occorreva privarle della scorza mediante battitura sul ceppo, all’interno di un sacco, e vagliandole poi con il ventilabro (val). Venivano bollite e bagnate nel latte, più raramente ridotte in farina per produrre dolci.
Il legname di castagno - qualificato lëgnä dolzä in contrapposizione a quella fòrtä di quercia, frassino e faggio, una volta essicato è leggero e fornisce poco calore, in compenso dà buona prova di sé nella realizzazione di pali per le vigne, botti e tini, ma veniva spesso impiegato anche in carpenteria e per il mobilio delle case povere, in quanto l’alto contenuto di tannino lo protegge dagli attacchi di tarli ed umidità.

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