Copyright

Le informazioni e le notizie pubblicate in questo sito sono a disposizione di chiunque e liberamente riproducibili. Chi le volesse utilizzare è pregato però di volerne gentilmente citare la fonte. Grazie. Questo sito viene aggiornato di frequente. Chi volesse esserne tenuto al corrente si può inscrivere all'apposito canale Telegram e/o gruppo Watsapp segnalando il proprio nominativo e recapito telefonico mobile all'indirizzo email massimombonini@gmail.com. Gli aggiornamenti vengono anche segnalati in Facebook alla pagina Casale Corte Cerro e al profilo Massimo M. Bonini.

domenica 7 febbraio 2010

La California casalese

Il rio Inferno ha le sue sorgenti nei pressi dell’alpe Minarola, a circa 1500 metri di altezza, poco sotto la vetta del monte Cerano. Forma un vallone selvaggio e molto incassato – che ben giustifica il suo nome - e arriva al piano di fondo valle nei pressi della frazione gravellonese di Pedemonte; da lì va poi a gettarsi nel Toce.
Nella zona alta è diviso in due rami principali da un costolone sul quale stanno appollaiati i ruderi dell’alpe Eurt dël Bur (Orto del Burro). Più in basso è tagliato da alcuni sentieri, il più importante dei quali parte da Arzo, passa per la cappelletta del Mont Scërän (Monte Cerano) e dopo aver attraversato il rio Inferno raggiunge l’alpe Grandi, l’alpe Cottini, gli alpeggi di Ornavasso (Hobel, Farambuda e altri) e il santuario del Boden.
Percorrendo questo sentiero, poco dopo la cappelletta, ci si imbatte in un imponente sperone roccioso che cade a picco sul greto del torrente, parecchie decine di metri più in basso. Alla base di questo contrafforte è tutt’ora visibile un orifizio circolare che dà accesso a una galleria parzialmente riempita di detriti. Si tratta dei resti di un saggio minerario fatto eseguire a fine ‘800 da una società mineraria inglese che aveva individuato in quel luogo una vena aurifera che pareva promettere ricchi guadagni. Si racconta che per alcuni mesi i minatori estrassero la pirite spaccata a colpi di piccone, mentre le donne dei nostri paesi venivano chiamate a prelevare i ciottoli per trasportarli a spalle, con le gerle, sino al mulino di Arzo, azionato dalle acque del rio Gaggiolo. Qui il minerale veniva macinato per ricavarne la sabbia che, lavorata a caldo con il mercurio, avrebbe rilasciato il prezioso metallo.
Erano gli anni della grande corsa all’oro nell’ovest degli Stati Uniti d’America e quel luogo dove pareva confluire altrettanta ricchezza finì per divenire ‘la California’ casalese.
Durò poco, però. Nel giro di qualche mese la vena si esaurì e la miniera fu abbandonata. Rimase al mulino di Arzo – che di lì a poco sarebbe stato parzialmente distrutto da una disastrosa alluvione del Gaggiolo – quell’esotico nome di California, che tanto stupore suscita in chi non ne conosce l’origine. E rimase una canzoncina popolare che pare le donne cantassero durante la faticosa marcia:
Ciapa la ròca e ‘l fus, che noma in Califòrnia,
che noma in Califòrnia, in Califòrnia a stupàa ij bus…
Prendi la conocchia e il fuso (gli attrezzi per filare) che andiamo in California a riempire i buchi…

Nessun commento: