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giovedì 24 agosto 2017

Ël Pagädebät


Eh, già!
Eravamo tutti convinti che in questo ventunesimo secolo, ormai ben avviato, certe cose non si sentissero più. Scordate, sparite, morte, calate nella fossa con gli ultimi residuati dell’ottocento, quei nonni che le raccontavano, che forse ancora ci credevano.
Eh, già!
E invece…
E invece basta uscire di casa in sera di fine estate, una sera senza luna e con la luce incerta che trapela tra le nuvole del temporale imminente… ed eccolo lì, a far capolino dal limite del bosco. E’ lui, si, proprio lui: Puk delle colline, Puk delle foreste, Puk il verde, quello che i vecchi chiamavano ‘l folët Pagadebät.
E, guarda caso, compare in uno di quei posti “sacri alla memoria”, luogo elevato, panoramico, prossimo a un corso d’acqua, luogo dove gli antenati Leponti – e Pennini, e Agoni, e Insubri, e Orobi - erano soliti riunirsi, in notti come questa, a celebrare i Riti e a scambiare incontri con il Piccolo Popolo.

E il tempo si ferma…

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